Il Consiglio dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, in questi giorni segue con attenzione e competenza i lavori del Consiglio Grande e Generale che lentamente procedono nella seconda lettura della legge di Bilancio preventivo dello Stato per il 2015. Sono tanti gli emendamenti presentati da maggioranza ed opposizione, tanti quelli che sono stati approvati, pur tuttavia la struttura portante della “Finanziaria” si è delineata in maniera precisa, nonostante le sagge posizioni espresse dalla Commissione di Controllo della Finanza Pubblica. E’ una finanziaria cioè che non dimostra tutto il coraggio necessario in questo momento in termini di tagli alla spesa e di spinta del Paese verso la ripresa e lo sviluppo.
Una “finanziaria” che patisce ancora una volta un passivo di gestione, che, pur essendo definito sostenibile, obbliga al ricorso ulteriore all’indebitamento per comunque dare copertura alla spesa corrente. Vogliamo ricordare che nel dicembre del 2010, ben quattro anni orsono, una conferenza stampa congiunta dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e del Collegio dei Ragionieri, allora ancora non unificati, chiese a gran voce la “spending review”, ossia dei tagli decisi alla spesa pubblica, non lineari ma funzionali. Dopo un periodo in cui si è registrata una certa inflazione dell’uso del termine “spending review” da parte di tutti, in cui si sono creati dal nulla una Commissione tecnica ad hoc e poi anche un importante organismo della P.A. dedicato a questa funzione, osserviamo che questo termine è ora caduto in disuso. Pochissimi usano ancora questo vocabolario, ma soprattutto non si hanno più riscontri del lavoro e dei risultati di questo Ufficio dello Stato ed anche la Relazione del Governo al Bilancio preventivo sembra ignorare la parola “tagli alla spesa” a favore di una più moderata “razionalizzazione delle uscite”. In realtà il settore privato, e non solo, sta tenendo d’occhio il comportamento della politica in questa fase storica di crisi e di incertezza, attendendosi sacrifici ben più importanti dal settore pubblico di quelli che sono stati proposti. Qui il Sindacato pensa di risolvere il problema facendo tagliare alla politica solo gli stipendi più alti quali quelli dei dirigenti, invece lasciando invariati tutti gli altri livelli medio-bassi, aggravando invece così solo la deresponsabilizzazione e la sprofessionalizzazione dei dipendenti pubblici e quindi l’inefficienza della P.A.. Ebbene, ancor più di quattro anni fa, vale l’allarme lanciato allora dai commercialisti: il settore privato non è più in grado di sostenere il settore pubblico.
Non vorremmo che la situazione degenerasse a breve in una guerra degli stracci tra operatori economici e dipendenti del settore privato da una parte e dipendenti del settore pubblico dall’altra.
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili RSM – Ufficio Stampa – 18/12/2014